007010
https://www.pa-online.it/GisMasterWebS/SP/IsAut.ashx
https://www.pa-online.it/GisMasterWebS/SP/LogoutSAML.ashx
https://comune.bionaz.ao.it
it

Sezioni

Si narra che in un tempo lontano un contadino, contravvenendo alle regole che proibivano di svolgere opere manuali nei giorni di festa, stesse lavorando proprio nel giorno del patrono San Pantaleone il pezzo di terra dove oggi si trova il letto del lago.

Ai passanti che lo rimproveravano rispondeva: Pantaleone, Pantaleonetto, so ben io se è il caso che ci fermiamo io e il mio mulo”.

Pronunciate queste parole, uomo e mulo, scomparvero, mentre un lago prese il posto del campo.

Questo spiega perché Lexert non aveva né immissari, né emissari…

A Bionaz, oltre il villaggio di Pouillaye, passato il torrente di Arbière, si apre la Borne de la Faye, ovvero una cavità naturale che ha un’altezza di circa 35 cm e le cui pareti sono ondulate e ricoperte da polvere giallognola, finissima.

Leggenda vuole che qui un tempo vivesse una fata che si era perdutamente innamorata di un contadino di Pouillaye con moglie e figli. Non sapendo come legarlo a sé, la maliarda lo attirò con la promessa di un ricco dono e gli consegnò un magnifico nastro per la moglie da annodare al collo nei giorni di festa.

Tornando verso casa il giovane, sentendosi stanco, si coricò sotto un larice ed appoggiò ai rami il nastro ricevuto in dono.

Svegliatosi nel cuore della notte corse a casa e solo l’indomani si ricordò del nastro.

Quando raggiunse il larice si accorse che l’albero era diventato completamente secco, come colpito da un influsso maligno.

Solo allora comprese il disegno malvagio della fata e fuggì inorridito al pensiero della sciagura che avrebbe potuto colpire la sua amata sposa.

Si narra che in un tempo lontano, mentre San Teodulo, Vescovo nel Canton Vallese attraversava il Colle di Livournea, dopo aver evangelizzato il territorio di Bionaz, rischiò di precipitare nel dirupo sottostante a causa di un serpente che spaventò il suo mulo.

Il santo allora maledì il serpente dicendo “Mai più tu vivrai in questo luogo!”.

Fu per questa maledizione, secondo gli anziani di Bionaz, che, da quel tempo, in quella zona, non si sono più viste tracce di vipere, tanto che era tradizione recarsi in questo luogo per raccogliere la terra e spargerla poi attorno a case ed orti, sicuri di tenere lontane le serpi.

Si racconta anche che l’asino, in quell’occasione, lasciò impressa l’impronta del suo zoccolo sulla roccia e la forma del suo labbro su una pietra a forma di scodella dove cadeva dell’acqua fresca.

Secondo la tradizione la prima roccia è nota come Pas de l’ âno, la seconda come Pot de l’âno.

Si narra che in un tempo lontano, mentre San Teodulo, Vescovo nel Canton Vallese attraversava il Colle di Livournea, dopo aver evangelizzato il territorio di Bionaz, rischiò di precipitare nel dirupo sottostante a causa di un serpente che spaventò il suo mulo.

Il santo allora maledì il serpente dicendo “Mai più tu vivrai in questo luogo!”.

Fu per questa maledizione, secondo gli anziani di Bionaz, che, da quel tempo, in quella zona, non si sono più viste tracce di vipere, tanto che era tradizione recarsi in questo luogo per raccogliere la terra e spargerla poi attorno a case ed orti, sicuri di tenere lontane le serpi.

Si racconta anche che l’asino, in quell’occasione, lasciò impressa l’impronta del suo zoccolo sulla roccia e la forma del suo labbro su una pietra a forma di scodella dove cadeva dell’acqua fresca.

Secondo la tradizione la prima roccia è nota come Pas de l’ âno, la seconda come Pot de l’âno.

Si narra che a Prarayer vivesse un vecchio che trascorreva i suoi giorni solitari in preghiera ma a dispetto di ciò non si presentava in paese per comunicarsi nemmeno a Pasqua.

E la gente per questo fatto mormorava. Il parroco allora lo fece chiamare ed il vecchio, ubbidiente, scese a Valpelline. Era una tiepida giornata primaverile ed il prete, prima di iniziare a confessare il buon uomo che doveva avere molti peccati da confessare, visto che mai in passato si era presentato in chiesa, lo invitò a togliersi il mantello prima di iniziare.

Il buon uomo accolse l’invito e dopo aver diligentemente piegato il suo mantello, con il gesto più naturale del mondo, lo posò sul fascio di raggi solari che entrava dalla finestra. E lì rimase, sospeso, mentre il parroco, folgorato dal prodigio, comprese di avere dinnanzi un santo.

Sulla pietra su cui l’eremita si inginocchiava a pregare, ancora oggi, si possono vedere i segni impressi dalle sue ginocchia.

Quanto sono chiare le informazioni su questa pagina?

Grazie, il tuo parere ci aiuterà a migliorare il servizio!

Quali sono stati gli aspetti che hai preferito? 1/2

Dove hai incontrato le maggiori difficoltà?1/2

Vuoi aggiungere altri dettagli? 2/2

Inserire massimo 200 caratteri